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Lectio magistralis di Giorgio Càsole al Kiwanis sul “Canto degli Italiani”

INNO DI MAMELI?  NO! DI MAMELI-NOVARO

di Giorgio Càsole

Sono  stato invitato dal Kiwanis di Priolo-Melilli (presidente Sebastiano Gulino)  a tenere una  “lectio magistralis” sul cosiddetto “Inno di Mameli”, di cui si ricorda solo la prima strofa, che viene eseguita due volte nelle cerimonie, come quelle introduttive alle occasioni di rilievo  di ogni club service.E’ riduttivo dire  semplicemente “Inno di Mameli”.  C’è un vecchio detto secondo il quale in Italia nulla è più definitivo del provvisorio. Il motto si può applicare al “ Canto degli Italiani,” meglio conosciuto come Inno di Mameli, scelto nel 1946 come inno provvisorio  dello Stato, un secolo dopo la sua composizione da parte del ventenne patriota genovese Goffredo Mameli, di fede mazziniana. Settant’anni dopo, il 29  giugno 2016, è stato proposto un disegno di legge per rendere definitivo il provvisorio. L’Inno di Mameli è divenuto ufficialmente l’Inno della Repubblica Italiana il 15 dicembre 2017. Pensate un po’,ci sono voluti ben diciotto mesi solo per dare il crisma dell’ufficialità a un inno suonato, da settant’anni,  in tutte le cerimonie ufficiali, statali e non. Un inno rivalutato agl’inizi degli anni Duemila, grazie all’iniziativa dell’allora presidente della repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che esortò a cantare l’inno, come accade in altri Paesi. Negli USA, per esempio, l’inno nazionale viene eseguito all’inizio dell’orario scolastico, almeno nella scuola primaria. Durante il settennato di Ciampi, insegnavo lettere al liceo Mègara e sollecitai i giovani alunni di una classe a inoltrare una lettera proprio al presidente perché si facesse interprete verso il ministro della pubblica istruzione affinché si attuasse in Italia ciò che si fa negli Stati Uniti. Stranamente, non ricevemmo alcuna risposta dal Quirinale. Risposta positiva ebbe l’inno al suo apparire nel 1847, in occasione di un primo moto popolare a Genova, città natale del giovane autore, troppo giovane, secondo alcuni, per essere stato in  grado di scrivere una poesia, dal ritmo incalzante, intrisa di fervore patriottico, con reminiscenze classiche e storiche tali che fecero sospettare qualche invidioso cattedratico.  Mameli compose l’inno nel settembre del 1847. Due mesi dopo, inviò il testo al musicista genovese Michele Novaro perché ne scrivesse la partitura. Correttamente, dunque, si dovrebbe dire e  scrivere Inno di Mameli-Novaro. Nel clima risorgimentale, l’inno divenne rapidamente popolare, avvertito come invito all’insurrezione, tant’ è  che fu cantato  durante le famose Cinque giornate di Milano, nel marzo 1848, e durante la spedizione dei Mille nel maggio 1860;     si narra che pure Garibaldi lo fischiettasse. Quando fu sancita l’unità d’Italia sotto i Savoia, l’inno, nonostante la crescente diffusione, non fu scelto come inno ufficiale, perché l’autore, morto giovanissimo a ventidue anni,  era stato di fede repubblicana giacobina e i Savoia, che scelsero la Marcia reale, come inno ufficiale, non gradivano la fede giacobina  tale che il testo ricorda la Marsigliese, anche nell’incipit. L’invito  “Stringiamoci a coorte” – nel ritornello- richiama il verso della Marsigliese: Formez vos bataillon, “Formate i vostri battaglioni”. Mameli  si sarebbe ispirato anche all’inno nazionale greco, del 1823, dal momento che in entrambi gl’inni si fa riferimento all’antichità classica come ideale per affrancarsi dalla dominazione straniera e per l’esortazione a combattere per la libertà. Curiosamente, nel lunghissimo inno greco si fa riferimento al dominio austriaco sul territorio italiano. Anche nell’inno nazionale polacco, del 1797,si fa riferimento alla “terra italiana”, come Mameli nel suo “canto” ricorderà la sofferenza del popolo polacco sotto il dominio straniero, simile alla sofferenza del popolo italiano.Il Canto degli italiani è composto di sei strofe di otto versi senari. La sesta strofa è quasi identica alla prima, sostanzialmente ignota ai più, dà un’idea circolare del canto. Originariamente, Mameli aveva aggiunto una settima strofa in cui il poeta esortava le donne italiane a sostenere moralmente  la combattività degli uomini: Tessete o donzelle/bandiere e coccarde/ fa l’almagagliarde/l’invito d’amor”. Pur essendo giovane, Mameli ebbe l’accortezza di cassare questa strofa prima del debutto ufficiale. Le brevi strofe sono divise da un ritornello di tre versi, il cui  l’ultimo verso  rima con l’ultimo della strofa precedente, mentre i primi due versi del ritornello sono a rima baciata; nelle strofe il secondo verso rima con il quarto, il sesto e il settimo sono a rima baciata. Il sonoro, enfatico, SI’ al ritornello fu aggiunto da Michele Novaro, quale rafforzativo, da incitamento alla battaglia, potremmo dire (come incitamento alla guerra è la “Marsigliese”).” 

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