Un Natale da remoto
L’editoriale del giovedì
Il primo Natale dal secondo dopoguerra che molte famiglie trascorreranno a distanza, quello del 2020, l’anno della pandemia. Assenza di abbracci, strette di mano e baci augurali, città deserte il girono della Vigilia, messe in anticipo, famiglie separate e tavolate vuote, in nome della prudenza e salvaguardia dei soggetti più fragili per età e patologia. Italia zona rossa, come rosso è il colore del Natale e del buon auspicio di un capodanno che si annuncia sottotono, senza botti e tradizionali trenini della mezzanotte. Reparti ospedalieri pieni di pazienti covid solo in compagnia di uno smartphone e famiglie che attraverso uno schermo si riuniranno per il tradizionale brindisi e taglio del panettone, tra occhi lucidi e bambini intenti a scartare i doni, recapitati loro, in zona gialla, giorni prima. Così l’Italia si prepara a vivere quella che per antonomasia è la festa della famiglia, nella speranza che il bambinello porti dosi di vaccino sufficienti per tutti e la fine di un incubo che ha del surreale nonostante sia arrivata la cosiddetta variante covid che sembra essere più facilmente trasmissibile anche tra i piccini. Un Natale insomma a distanza o da remoto, tanto per usare termini a cui ci si è adeguati a marzo con difficoltà ma da settembre in poi con rassegnazione e forse troppo facilità…Un lungo weekend, quello che sta per arrivare, triste per tutti, per chi ha perso i propri cari senza poter dare loro l’ultima carezza, senza poterli accompagnare mano nella mano, privati di ogni calore umano, per chi ha chiuso i battenti della propria attività e per chi, nonostante gli adeguamenti imposti dalla legge, abbasserà le saracinesche proprio in giorno più proficui dell’anno, per chi ha due figli di cui uno maggiorenne e non potrà abbracciare gli anziani genitori che vivono fuori provincia, per chi lo trascorrerà in corsia con tuta, triplo guanto, doppia mascherina e visiera, per chi rimarrà solo in casa nell’attesa che squilli un telefono o il campanello. Eppure, sarà un Natale di speranza, di voglia di ricominciare, di fiducia nel domani, di buoni propositi che Noi “Italiani brava gente” siamo ancora in grado di sentire nel profondo dei nostri animi esacerbati da tanto dolore, nonostante tutto. Immaginando si possa tornare a una normalità troppe volte snobbata, sfrontatamente scontata, riapprezzeremo il valore del presepe, della grotta e del bambino che viene al mondo in una mangiatoia, senza la frenesia e la corsa al superfluo e all’inutile che un anno di pandemia ci ha fatto ridimensionare.
Buon Natale