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AUGUSTA, IL POETA VENUTO DAL NORD: PIER ANTONIO MANTINEI, EX SINDACALISTA, EX ASSESSORE COMUNALE

di Giorgio Càsole

Nel 1935 Mussolini disse solennemente che gli Italiani  sono un popolo “di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori di scienziati di navigatori di trasmigratori.” La citazione, tratta da un discorso per celebrare l’avvio della  guerra in Etiopia, fu incisa a caratteri cubitali sul “Palazzo della civiltà italiana”, il cosiddetto Colosseo quadrato, nel quartiere romano dell’EUR. In Italia i poeti, se non sono  legioni, sono certamente in tanti. La conferma l’abbiamo avuta recentemente ad Augusta, in occasione del festival poetico  “Il Federiciano”, (La Sicilia,10/9/2024), cui hanno partecipato numerosi poeti, provenienti da ogni parte d’Italia, chiamati a raccolta da Giuseppe Aletti, editore specializzato in pubblicazioni di autori esordienti e poeta egli stesso. Per tre giorni, Augusta è stata celebrata come il “paese della poesia”, tanto che un tratto della via SS. Annunziata è stato battezzato “Largo dei poeti”, a ragione della presenza di eleganti stele dove sono riportate le poesie premiate durante il festival di fine agosto. Fra gli augustani i poeti non mancano (non tutti, ovviamente, iscritti alla scuderia di Aletti). Ad Augusta, come altrove, non tutti i poeti hanno la ventura di pubblicare i propri versi, anche se oggi, grazia alla stampa digitale, non è più un lusso autoprodurre le pubblicazioni. Ci sono autori che conservano le poesie in un cassetto, quasi per una sorta di pudore; non si sentono di offrire i loro versi al giudizio altrui, finché qualcuno non li legge e pensa, invece, che valga la pena di rendere partecipi gli altri.  La scoperta dei versi conservati può accadere in àmbito familiare. E’ questo il caso di  Piero Mantinei, 86enne, ex  operaio del polo petrolchimico  e dirigente sindacale provinciale  nel settore chimici CGIL, assessore alla Solidarietà sociale durante una delle tante amministrazioni comunali  presiedute da Pippo Gulino nel decennio 1994-2003. Mantinei è augustano da  più di mezzo secolo. Nato a Verona,  cresciuto in Alto Adige, con la madre della Val di Non e il padre di Caserta, Mantinei, come tanti  altri, venne ad Augusta,  per prestare servizio  nella base navale e, innamoratosi d’una bella indigena bionda, Rosi Satta,  ha formato una famiglia e ha messo radici, integrandosi quasi senza  problemi, pur avendo la madre in Alto Adige.

Mantinei negli anni, ha coltivato in solitudine l’amore per la poesia, per cercare “quel senso umano che sfugge sempre più all’uomo moderno”, come precisa  egli  stesso. Nella sua produzione, il poeta oscilla fra il sentimento della nostalgia e quello dello struggimento: la nostalgia per la terra dell’infanzia, rivista e rivissuta come un eden mitico, e struggimento per la terra d’elezione, inquinata e progressivamente abbandonata. Non a caso con il componimento “Nostalgia per il Trentino” si apre il volumetto “Poesie” che  la  figlia,  Miriam, ha fatto stampare. E’ un libretto, autenticamente tascabile, destinato a essere regalato a parenti e amici. E’, infatti,  un’ edizione privata, giacché non c’è indicazione di prezzo e di marchio editoriale, non c’è nemmeno il nome della stamperia e l’anno di pubblicazione, priva persino dell’indice. Sono raccolti 55 componimenti brevi, in metro libero, caratterizzati, per la maggior parte, da una poesia intimistica, che vibra alla luce del crepuscolo, con riflessi da elegia gnomica. Il poeta, che conosce bene l’ambiente delle industrie, non può tacere sulle storture derivanti dal progresso industriale e già teme l’abbandono come in “Diaspora”, che si apre con  “Ruvida e amara terra aretusea/in te il mandorlo fiorito/non sorride più da tempo/ la diaspora è iniziata…”Se l’alfa della sìlloge è un componimento tutto intriso di nostalgia, l’omega è una  struggente toccante lettera al figlio Ettore, prematuramente scomparso, nato in Augusta,  come Miriam. Un poeta può essere ricordato per sempre anche per una sola poesia. Potrebbe essere il caso di Piero Mantinei, che in “A mio figlio” scriveNel periglioso mare/della vita/siamo stati insieme/marinai e naufraghi./ Abbiamo intravisto/tra le nebbie/sogni di isole lontane./Sulla nave ‘Destino’/una bussola impazzita/ci ha diviso./Sono rimasto solo/fra onde salate/di lacrime./Tu eri in vita/la mia scialuppa/ di salvataggio./Tuo papà. Il dolore di un genitore che perde un figlio è un dolore immenso, il lutto da elaborare comporta tormento e pena. Mantinei, nell’elaborazione del lutto, è riuscito a condensare questo dolore in una misura degna dei classici greci. Il suo libretto ora naviga nel grande mare della poesia.

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