Letture ConsigliateNewsRosalia Giangreco

Youtuber, influencer, challenge e altri disastri

Dopo l’ennesima tragedia, consumata stavolta a danno di un bambino di 5 anni e della sua sfortunata famiglia, si torna a parlare della necessità o meglio dell’urgenza di regolamentare l’uso di social, smartphone e tutto ciò che ha a che fare con il digitale. 

Ma bisognerebbe capire anche come si fa a noleggiare un’auto di grossa cilindrata quando la Legge vieta la guida di bolidi fino a 21 anni.

Il problema è sempre e solo uno e si chiama famiglia. Con i tablet e i telefonini si mettono a tacere i neonati in pizzeria, dal parrucchiere, in auto e soprattutto a casa perché i genitori non vogliono essere disturbati mentre guardano le vite degli altri sui social o mentre postano storie su instagram o fanno anche loro i tiktoker. Con il digitale, il bambino non piange ma diventa lentamente dipendente dal mezzo al punto che se gli viene tolto urla e si dimena come quando ha fame e nessuno gli porta il biberon. Il bimbo poi cresce, l’orgoglio di mamma e papà che lo esibiscono agli amici come piccolo talento nell’uso del telefonino. Così, il primo regalo, magari in occasione della prima comunione o del compleanno, non sarà una vacanza in un parco divertimenti o una banale bicicletta, ma l’ultima generazione di telefono anche se andrà a scuola senza materiale scolastico né libri, perché tanto ormai a chi e a cosa servono, se da grandi saranno tutti youtuber o influencer? 

Ma è nell’adolescenza che si cominciano a vedere i primi segni di un percorso di crescita non armonico, quando a scuola non riescono a separarsi dal cellulare, la vita sociale non funziona, il rendimento scolastico è basso, la soglia dell’attenzione inesistente, la memoria a breve e lungo termine solo visiva…

Questo accade oggi. 

Certo, vedere da mane a sera come pochi eletti trascorrano il proprio tempo su gommoni e yacht di lusso, auto di grossa cilindrata, spritz a bordo piscina, viaggi improbabili, mise di grandi maison, fa venire voglia di imitare. “D’altronde se lo fanno loro perché non posso farlo io?”- pensa il ragazzino medio. Quando si arriva a questo punto, l’intervento del genitore è tardivo, ammesso che ci sia, perché in una fase di vita bisogna vietare, in un’altra concedere con limiti d’uso e controllo e nel frattempo spiegare al proprio figlio che la vita va vissuta secondo legalità, onestà e rispetto degli altri. Ma soprattutto che ciascuno traccia il solco della propria esistenza con sacrifici, studio e obiettivi concreti da raggiungere. Ogni vita è a sé e non bisogna imitare né tantomeno emulare quella degli altri. 

Per un genitore è più facile dire di sì ed evitare discussioni snervanti e le conseguenze di questi comportamenti sono sotto gli occhi di tutti. Dire no è più complicato perché bisogna motivare, spiegare, dialogare, alzare cioè gli occhi dal proprio telefonino, dunque è più difficile, faticoso, stressante. Risultato? Le tragedie che ogni giorno vanno in prima pagina.

Adesso la palla passa al legislatore, sperando che regolamenti l’uso dei social e lo vieti fino a una soglia d’età in cui si raggiunge la consapevolezza nell’uso di dispositivi che, se tanto utili sono ai fini del progresso, non lo sono altrettanto per lo sviluppo armonico di giovani generazioni già di per se complesse da educare e gestire. 

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