Educazione e FormazioneLetture ConsigliateNewsOpinionistiRosalia Giangreco

Le parole bulle

Gorgia da Lentini sosteneva che la parola avesse potere persuasivo, evocativo, quasi magico, al punto da calmare la paura, eliminare il dolore, donare gioia e aumentare la pietà. Parole troppo spesso in bocca o sulla punta della penna di persone sbagliate feriscono, offendono, occultano o distorcono la verità, inducono alla sofferenza e in qualche caso esasperano. Le parole non sono più ponderate e pensate, ma gettate lì a casaccio, più o meno sgrammaticate, oramai, purtroppo, alla portata di tutti. Oggi, le parole sono rimaste in poche e però diventano lame che trafiggono cose e persone, calunnie gratuite, diffamanti, affidate a campioni di incoscienza o malati di onnipotenza. La parola, sin dagli albori delle prime civiltà, è stata custodia come un tesoro, nello scrigno di pochi sapienti capaci di leggerla e scriverla, di saperla interpretare e adoperare con criterio. Millenni di tradizione per tramandare le parole che hanno fatto le società, le leggi, parole cantate, armonie per uomini e santi, adesso maltrattate e abusate. Quando sensibilizziamo i nostri ragazzi sul cyberbullismo non facciamo altro che ricordare loro la potenza della parola, un’arma letale, affidata ai social e a migliaia di lettori che ne useranno altre di parole nei commenti, suoni distorti, verità non vere, per colpire e affondare. Ma le parole bulle non riguardano soltanto i cyberbulli, ma quanti ne fanno uso per lavoro, alcuni professionisti della carta stampata, ad esempio, disposti a tutto anche oltre il limite della querela, fino all’ultimo like, avvoltoi da tastiera o di fogli  inchiostrati che non ricercano il vero delle e nelle parole ma inseguono solo il consenso di un pubblico virtuale che sempre più spesso ricorda le folle plebee romane ai ludi gladiatorii. Con le parole si fanno le inchieste e i processi. Ma la giustizia, un tempo, era una cosa seria, la parola di legge era secretata e ponderata, mai svenduta al migliore offerente per un attimo di celebrità. 

Anche le parole di un docente o di un medico o di una persona qualsiasi una volta erano cosa seria, oggi non valgono nulla, sono parafrasate e violentate quando decontestualizzate per assumere significati altri da quello per cui sono scaturite dalla bocca di chi le pronunciate.

Come spiegare a un ragazzino che le parole sono catartiche se scritte o raccontate, che la lettura è il modo migliore per penetrare i significati della parola, se il mondo degli adulti continua a usare le parole bulle? Altro che parolibero, qui si è andati proprio oltre le futuristiche parole in libertà ed è su questo che bisogna riflettere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *