Il Giorno del Ricordo
La legge del 30 marzo 2004 n. 42 istituisce il Giorno del ricordo, l’articolo 1 recita che “la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale giorno del ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati del secondo dopoguerra ed ella più complessa vicenda del confine orientale”.
Dopo il conflitto austro-ungarico l’Istria diventa territorio italiano e rimane tale fino all’8 Settembre del 1943 quando la penisola è occupata dal generale Tito per poi passare, fino al 1945, ai tedeschi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’Istria e Trieste sono per lungo tempo oggetto di contesa tra Italia e Jugoslavia finché nel 1947, il trattato di Parigi divide il territorio in tre zone così organizzate: Gorizia, zona A, assegnata all’Italia, Fiume e parte dell’Istria, zona B, di pertinenza iugoslava, Trieste e parte della fascia costiera nord-occidentale avrebbero dovuto dare vita a una sorta di stato-cuscinetto libero sotto il protettorato dell’Onu. Di fatto, però, il TLT ovvero Territorio Libero di Trieste non ha mai visto la luce. Anzi, gli alleati pensano bene di sostenere Tito. La situazione resta invariata fino al 1954 quando con il Memorandum di Londra, Trieste è restituita all’Italia. Bisognerà attendere vent’anni prima che il memorandum sia ratificato con il trattato di Osimo del 1975.
A ritroso nel tempo
L’8 settembre del ’43 le truppe di Tito occupano i territori istriano e dalmati, praticando massacri e violenze di ogni genere sugli italiani che vivono in quei luoghi. Solo nell’autunno dello stesso anno 500 italiano sono infoibati. Nella primavera del ’45 sono travolte dalla meschinità dei partigiani di Tito anche Trieste e Gorizia e, questa volta, a cadere nelle foibe sono migliaia di vittime innocenti. Le ragioni di tale ostilità verso gli italiani sono da ricercarsi nel regime fascista prima e nel disegno dei sostenitori di Tito dopo; infatti, il fascismo aveva costretto le diverse etnie della Venezia Giulia forzatamente a italianizzarsi, cambiando per esempio i propri cognomi, la stessa toponomastica e perfino la riforma scolastica aveva proibito l’insegnamento di lingue differenti da quella italiana. Represso ogni focolaio di ribellione. In questo clima, quando il regime crolla, nel 1943 è facile immaginare la voglia di rivincita dei comunisti di Tito che si accaniscono contro gli italiani, abitanti quelle zone. A ciò si aggiunge il progetto del generale comunista e dei suoi fedelissimi ovvero quello di instaurare un potere autoritario nella penisola istriana e nella Jugoslavia. Così, oltre a residui di squadristi e gerarchi di un sistema oramai decaduto, sono infoibati podestà, carabinieri, impiegati comunali, farmacisti, medici e personalità italiane in vista. I processi sono sommari e tutti conclusi con la condanna a morte dei prigionieri. Le esecuzioni sono collettive, i corpi occultati negli anfratti rocciosi, le spoglie in alcuni casi disperse in mare. Si stima che gli italiani morti in questo modo orribile tra il 1943 e il 1947 sono almeno 20mila; i nostri compatrioti costretti a lasciare le loro case 250mila.
Come si muore in foiba?
I condannati sono legati l’uno con I’altro con un lungo filo di ferro ben stretto ai polsi, lungo i margini delle foibe (anfratti rocciosi molto profondi). Si apre il fuoco a suon di raffiche di mitra sui primi due o tre prigionieri, così precipitano nell’abisso trascinando tutti gli altri sventutrati, costretti a sopravvivere per giorni, feriti e agonizzanti, sul fondo della voragine sui cadaveri, ammassati uno sull’altro. Nella sola zona di Trieste 3000 innocenti hanno trovato la morte nella foiba di Basovizza.
Un vergogna per l’Italia, un silenzio di oltre sessant’anni che si rompe solo dopo il crollo del muro di Berlino e la fine del blocco sovietico. Il 3 novembre 1991, per la prima volta nella storia della Repubblica, il presidente Francesco Cossiga si reca in pellegrinaggio a Basovizza e in ginocchio chiede perdono e omaggia le vittime dell’orrendo massacro. Da quel momento, cade la cortina del silenzio e dell’indifferenza che porta all’istituzione del Giorno del ricordo, celebrato il 10 febbraio di ogni anno con manifestazioni e attività commemorative in tutta la nazione.