Consegna di un bene di colore diverso da quello richiesto, il consumatore può chiedere la risoluzione del contratto?
La consegna di un bene di una tonalità diversa da quella richiesta non integra un aliud pro alio e non è, quindi, sufficiente per pretendere la risoluzione del contratto. La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10456/2020, diramata dallo studio Cataldi, ha avuto modo di pronunciarsi in materia di vendita di beni di consumo, chiedendosi, in particolare, se la consegna di un bene di una tonalità di colore leggermente diversa rispetto a quella richiesta dall’acquirente, possa integrare un’ipotesi di aliud pro alio, ed essere, quindi, sufficiente al fine di ottenere la risoluzione del contratto. La questione, sottoposta al vaglio degli Ermellini, era nata in seguito alla decisione di un consumatore di citare in giudizio la ditta presso cui aveva acquistato un divano, al fine di ottenere la risoluzione del relativo contratto di vendita, lamentando il fatto che gli fosse stato consegnato un divano color verde marcio anziché verde smeraldo, come, invece, da lui richiesto. Nonostante l’iniziale accoglimento delle pretese attoree da parte del Giudice di Pace, le stesse venivano, poi, disattese dal Tribunale, adito in grado di appello. Secondo il Giudice di secondo grado, infatti, la differenza di tonalità tra il colore richiesto e quello realizzato costituiva un elemento non essenziale all’interno dell’economia del contratto, posto che, nel corso dell’istruttoria, era emerso come l’attore non avesse espressamente richiesto che il colore fosse intonato a quello della mobilia della propria abitazione, né avesse chiesto immediatamente la sostituzione del divano al momento della consegna, nonostante si trattasse di una difformità facilmente rilevabile, avendo, anzi, inviato alla società venditrice i dati per l’emissione della fattura. Rimasto soccombente all’esito del giudizio di secondo grado, il consumatore decideva di ricorrere dinanzi alla Corte di Cassazione, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 129 e 130 del Codice del Consumo, nonché dell’art. 115 del c.p.c., oltre all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Secondo il ricorrente, infatti, il Giudice d’appello aveva errato nel ritenere che la consegna di un divano di una tonalità diversa da quella richiesta costituisse un vizio di lieve entità, in quanto, a suo avviso, si trattava, invece, di un’ipotesi di vendita di aliud pro alio. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, reputando privo di fondamento il suddetto motivo di doglianza. Gli Ermellini hanno, innanzitutto, ribadito come, sulla scorta della costante giurisprudenza di legittimità, “l’ipotesi di vendita “aliud pro alio” ricorre quando il bene consegnato è completamente diverso da quello venduto, perché appartenente ad un genere differente oppure con difetti che gli impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti” (Cass. Civ., n. 10045/2018). Nella specie, secondo la Cassazione, concordemente a quanto ritenuto dal Tribunale, la consegna di un divano dello stesso colore, ma di tonalità diversa da quella pattuita, non costituisce, invece, un vizio tale da impedire l’utilizzo del bene secondo la sua destinazione. Il Giudice d’appello ha, infatti, correttamente ritenuto che il difetto di conformità fosse di lieve entità, basandosi sia su un criterio oggettivo, in quanto si trattava di una diversa tonalità dello stesso colore, sia sul comportamento del compratore, il quale, subito dopo la consegna, aveva provveduto ad inviare al venditore i propri dati per l’emissione della fattura, senza svolgere alcuna contestazione.