Cogito ergo…copio
L’editoriale di giovedi
di Rosi Giangreco
E’ morto Larry Tesler, figlio del secondo dopoguerra, inventore – negli anni Settanta – dei comandi “copia – incolla”, eredità incommensurabile della moderna informatica che – senza volere – ha stravolto il modo tradizionale di ricerca, scrittura e inventiva di intere generazioni.
Avrà di sicuro aiutato centinaia di dattilografi e scribacchini, costretti a consumare i polpastrelli, per ore, sulle vecchie Olivetti, per copiare e ricopiare concetti. Eppure, a furia di fare queste attività si imparavano codici, leggi o provvedimenti a memoria. Oggi, questo rischio è scongiurato. Si copia e incolla senza conoscerne il contenuto, tranne il titolo o il primo rigo, e ci si affida al link che si apre con più velocità sulle pagine web. Niente più originalità nelle tesi di laurea, il più delle volte collage di altri lavori o scritti tecnici di autori diversi, per non parlare di parafrasi o testi argomentativi: chi sono questi sconosciuti? Eppure l’Invalsi obbliga ancora gli studenti – per le discipline umanistiche e matematiche – a sostenere prove di comprensione di testi con annessa analisi, non solo nelle tappe intermedie del percorso di istruzione ma alla vigilia dell’esame di stato. A cosa serve leggere in classe la Divina Commedia e assegnare come compito per casa una parafrasi, o un riassunto se ridotto a un mero esercizio di copiatura, a volte anche inesatto? Per non parlare poi delle attività di ricerca…barbaramente violentate e fatte comodamente seduti sulla poltrona da studio, al calduccio di casa propria. Con la digitalizzazione dei libri, poi, copiare è diventato ancora più facile ed economico. Basta fotocopie o noiosi pomeriggi in biblioteca. Povero Tesler, se avesse potuto prevedere questi effetti collaterali, chissà che cosa si sarebbe inventato! L’idea era senz’altro quella di semplificare il lavoro amministrativo e non di contribuire allo svilimento delle intelligenze. Nella mia breve ma intensa esperienza universitaria, mi è capitato di correggere qualche tesi di laurea, e ahimè, la mia attività si è quasi esclusivamente limitata a indicare i link da cui erano copiati e incollati interi paragrafi, magari con ordine inverso. E poi, ironia della sorte, con questi capolavori di originalità qualcuno ha avuto anche il coraggio di laurearsi…Qualche altro sfortunato, invece, ha deciso di fare ricerca sul campo – all’epoca mi occupavo di archeologia – ed è stato battuto sul tempo dai furbetti delle scorciatoie. E poi parlano di certificazione di competenze, i competenti dell’Istruzione… La disinformazione e il crescente livello di ignoranza tra i nostri studenti non è un dato trascurabile, anzi. E’ paradossale ma succede anche di chiudere non un occhio ma due dinnanzi a un elaborato copiato, perché almeno il ragazzo si è impegnato, ha letto e forse acquisito qualche conoscenza in più, grazie all’attività copy and paste. E invece no! E c’è da rabbrividire perché si constata quasi sempre che non si è neanche letto ciò che si è scritto, e, se si vuole infierire, basta chiedere il significato di una parola che non appartiene al lessico dell’allievo in questione e… touché! La situazione peggiora, se si osa pretendere un esercizio di fantasia, come quello di inventare un racconto…In questo caso non è lecito copiare, al massimo si possono cambiare i connotati dei personaggi, il titolo, ammazzare modi e tempi verbali e voilà il gioco è fatto.
Ogni invenzione è in sé prodigiosa e pericolosa, sta a noi mettere un limite all’abuso di tutto ciò che la tecnologia ci offre. E’ meglio provare a mettersi in gioco o non farlo per paura di sbagliare? E’ più coraggioso esprimere il proprio punto di vista o prenderne in prestito uno già usato? La questione ruota su questi due interrogativi che hanno una riposta anche ovvia, se si applicasse. Ma l’ovvietà non va di moda. Paura di essere e presunzione di apparire sono il pericolo vero. Perciò si copia e si incolla il pensiero altrui, e si va avanti senza sosta.