2020: anno della resilienza o della presa di coscienza?
L’editoriale di San Silvestro
Un 2020 bisestile, lungo, difficile e pandemico…giusto per usare qualche aggettivo che subito possa identificarlo per quello che è stato. L’anno della dad, delle mascherine, del distanziamento sociale e dell’Italia suddivisa a zone con i colori del semaforo, l’anno dei droplets, del coprifuoco, dei Dpcm e delle autocertificazioni, dei covid hospital e dei covid hotel, delle Usca e Uscai, l’anno delle libertà limitate per il bene comune. Una realtà a tinte forti, se si pensa ai mesi di marzo e aprile, alle immagini crude postate sui social e dai media con i camion militari che sfilavano pieni di bare, di una generazione, quella dei nonni, che è andata via, uno scenario di guerra e dolore. Sarebbe retorico ribadire che forse, anche se non ne sono poi così sicura, tutti abbiamo capito che nulla è scontato, che anche un abbraccio o un bacio o uno scanzonato aperitivo con amici non ci spetta di diritto e che bisogna cogliere anche i più piccoli frammenti di tempo in cui gesti così ci sono regalati…o consentiti. Quant’è bella libertà! Abbiamo avuto modo di riflettere anche su questo dimenticato concetto di libertà: liberi di uscire, andare e tornare, con o senza “giustificato” motivo, di vivere senza limiti imposti.
Eppure, il 2020 non è stato solo questo: se volessimo guardare il bicchiere mezzo pieno, potremmo anche affermare che è stato l’anno in cui si è cominciato a guarire dall’indifferenza verso l’altro, l’anno della solidarietà quella attiva e fattiva, l’anno in cui il mondo ha capito davvero l’importanza della ricerca scientifica, l’anno del risveglio, della presa di coscienza di tutte le falle del nostro sistema statuale, l’anno dell’uso intelligente e finalizzato del digitale che ha salvato la cultura e l’istruzione (magari potesse essere integrato a vita nelle normali buone pratiche didattiche per supportare gli studenti più fragili e sostenere i più ambiziosi). Insomma un 2020 in cui l’Italia tutta forse ha avuto modo di riflettere e svegliarsi da quel torpore che uccide l’essere umano, troppo spesso abituato a bruciare nella noia (non di leopardiana memoria) e nell’apatia gli anni più belli, impegnato a perdersi negli Instagram altrui… Ecco il 2020, l’anno della consapevolezza.
Si certo, anche l’anno della resilienza se per resilienza però s’intende l’atteggiamento non di chi canta dal balcone o si allena sul terrazzo, ma di quanti, nonostante tutto, si sono riciclati nel lavoro, hanno investito fino all’ultimo euro rimasto sul fondo del cassetto di un registratore di cassa, per adeguare la propria attività alle nuove normative per poi, con la recrudescenza pandemica dell’autunno e i conseguenti Dpcm di ottobre e dicembre, abbassare ancora le saracinesche, per riaprile chissà quando. Senza tralasciare poi l’infausto ottimismo estivo, quando tutti allegramente al mare, pensavamo che il covid fosse sparito per la calura, e così, tutti insieme appassionatamente, assembrati nei ristoranti dei lidi, con la mascherina al gomito che fa cool, mentre settembre stava in agguato per chiuderci una seconda volta in casa…
La pandemia ha sicuramente oscurato i grandi problemi che hanno drammaticamente convissuto con il virus e che talvolta hanno precipitato le situazioni: l’aumento dei casi di femminicidio, (91 le donne uccise, tra marzo e giugno, di cui 21 hanno trovato la morte proprio fra le mura domestiche, 51 all’interno della coppia), episodi di violenza efferata sui bambini (chiaro segnale dell’aumento del disagio familiare), ancora, l’impennata della curva di povertà, l’aumento dei senzatetto, dei disoccupati, della dispersione scolastica… Si potrebbe andare avanti con le mancate tutele al mondo della cultura e dello spettacolo, che hanno lasciato nei guai le maestranze che operano dietro le quinte, ad esempio…Cosa aspettarsi dal 2021? Un cambio di prospettiva con piena fiducia alla scienza e ai vaccini, gli unici capaci di sconfiggere l’epidemia, la certezza che bisogna rimboccarsi le maniche – reinventarsi di nuovo se necessario – senza aspettare la manna da cielo (o dall’UE), la pretesa che lo Stato possa e debba colmare le disuguaglianze divenute troppo profonde nella società attuale. Il cambiamento risiede nella mente di ognuno di noi, nel senso di responsabilità e nel contributo attivo necessario per la ripartenza. Alzarsi dai divani, togliere le cuffie, non voltarsi dall’altra parte perché ciò che è accaduto nel 2020 non sia vano, magari indossando stasera le mutande rosse se serve a cominciare questo nuovo anno con una buona dose d’ottimismo e di voglia di fare, per un 2021 col botto!
Auguri