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Allegoria – parte I

di Valeria Lombardo (classe 1977, artista e attrice siracusana formatasi a Roma nei primi anni duemila. Ha frequentato i corsi di Michael Margotta presso l’Actor Center. Ha lavorato con grandi maestri del teatro italiano come Giorgio Albertazzi, Pino Caruso e registi del calibro di Luca De Fusco, Daniele Salvo, Alessandro Maggi, etc). 

Dopo anni di viaggi a vuoto, lavoretti da artista mendicante e poco più, Velaria decide di lasciare la sua città natia, per trovare un lavoro, altresì motivata da ciò che stava accadendo in quel preciso periodo storico nell’ambiente culturale. 

Molti piccoli teatri stavano subendo la “cementificazione” a causa dei continui tagli del Fondo Unico per lo Spettacolo gli altri più importanti che ancora godevano dei finanziamenti del ministero non consentivano di poter ingaggiare l’enorme quantità di artisti presenti in Italia. 

C’era un grande fermento, attori, cantanti, ballerini, etc, non riuscivano più ad ottenere una scrittura e quando ciò avveniva, in termini di denaro, l’impegno assolto si traduceva in una sorta di hobby. Nacque una forma rivoluzionaria di fare arte, piccole grandi comunità di artisti si erano riunite per costituire quelli che rappresentano ancora oggi i teatri occupati. 

Comparvero su tutta la penisola centri culturali ubicati in locali chiusi, abbandonati e teatri lasciati in disuso o destinati a supermercati o balere.
I collettivi svolgevano vera attività di produzione autofinanziata, arrangiandosi con le loro discrete finanze, programmavano spettacoli ed eventi di ogni genere. Tuttavia la “contestazione” non sfuggiva alle loro attività da parte delle amministrazioni cittadine che ordinavano periodicamente lo sgombero coatto di questi spazi, con la conseguente resistenza a non cedere, da parte degli occupanti. Ne conseguivano manifestazioni di massa, interventi delle forze dell’ordine, talvolta lo sgombero e la “ri-occupazione” dei locali in questione. Velaria si chiedeva se questa nuovo sistema di fare arte potesse in qualche modo imporsi ed ottenere delle ufficiali autorizzazioni e riconoscimenti. Questa sarebbe stata un’impresa non da poco, l’intenzione infatti era quella di far comunicare tutti i teatri occupati in Italia e legarli tramite un progetto iniziale in un’unica entità, che a questo punto, acquisita più forza avrebbe potuto scendere in campo con una maggiore sicurezza per chiedere di poter esercitare l’attività artistica in piena legalità.
Velaria aveva inviato mail a tutti i teatri occupati, poiché intendeva andare e proporre la realizzazione del progetto che includeva uno spettacolo teatrale e un documentario che avrebbe toccato e coinvolto i “teatri abusivi” di tutta la penisola, oltreché che della Sicilia. 

A Palermo da circa due mesi, precari dello spettacolo e artisti vari, avevano ridato vita a quello che ormai da più di dieci anni era un luogo lasciato all’abbandono e al ricordo dei palermitani. La Fiera del Mediterraneo, che per lungo tempo è stato fiore all’occhiello siciliano del patrimonio fieristico e culturale per tutto il mediterraneo, viene infatti (in parte) restituito alla cittadinanza con l’occupazione di due mesi fa. L’obiettivo di chi lo ha riconsegnato alla città è stato fin dall’inizio, non solo quello di trovare, come precari dello spettacolo, spazi e tempi di espressione artistica e proposta culturale in grado di scavalcare bandi, assegnazioni, progetti che il costante dirottamento delle istituzioni nelle mani e nelle tasche dei soliti noti azzera e restringe sempre più a una cricca di potere e ad una fruizione d’elite; ma anche quello di sollecitare l’amministrazione alla riqualificazione di un complesso fieristico che è nel cuore di tutti i palermitani. Velaria si proponeva di trovare uno spazio dove mettere in scena il suo spettacolo, ma l’idea di coinvolgere tutti i teatri occupati rasentava l’utopia, e ne era consapevole. 

L’aspettava un lungo viaggio, ma come affrontare possibili imprevisti non avendo scorte di denaro a sufficienza per riposare in una pensione durante il cammino? 

Cosa avrebbe rischiato essendo donna? E se un camionista tutto pancia canotta bianca e peli al vento, con poster erotici nell’abitacolo l’avrebbe costretta a salir su a completare il firmamento delle stelline tutto sesso? Sussultò, poi rinsavì. Decise di optare per il travestimento, non avrebbe per alcun motivo rinunciato al suo progetto di viaggio.
Si guardò domandandosi come avrebbe potuto camuffare quelle generose forme di donna che la connotavano. Prese a sacrificare il seno con larghe garze, strizzandosi il torace. Sostituì i suoi merlettati slip con una guaina di tre misure inferiori alla sua.

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Si guardò allo specchio e sebbene non fosse molto convinta di essere riuscita nel suo obiettivo, insistette cercando tra vecchi abiti del padre. Gilet in lana cotta, sopra camicia bianca collo alla coreana, un pantalone extra large, che riuscì a sostenere sui fianchi, facendo scivolare una fettuccia marrone attraverso passanti per poi annodarla in un rozzo nodo ben in vista. Scarponi taglia 44 nuovi di zecca che un abile opera di invecchiamento sfigurò. Infine un vecchio frac bucato e scolorito, le sembrò perfetto. Rimaneva il viso… Velaria ha sempre avuto un volto tondeggiante, zigomi pronunciati ed occhi piuttosto grandi ed intensi.
Passò quindi al trucco, con colori marroni si scavò le guance, disegnò delle occhiaie mostruose, impallidì le labbra, e mise dei baffi posticci. Un mascherone! 

Il bastone, abraso anche quello, sosteneva il sacchetto da vagabondo sostituito alla sua adorata pochette rossa.
Una truscia annodata conteneva solo due libri, un quadernetto e una penna. Velaria si era creata una confort zone con delle pezze, ed avrebbe dovuto imparare a convivere con la sua nuova identità.

Indossò la bombetta. Questa schiacciò letalmente la sua chioma fluente, già raccolta in un’acconciatura da damerino anni ’30. 

Joe era pronto. 

Continua…

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