ALL’AUGUSTANO GIUSEPPE SAGLIMBENI IL PREMIO LETTERARIO “IL BORGO SOSPESO”
di Giorgio Càsole
Augusta. Per la sua sorprendente opera d’esordio, il poderoso romanzo “Il barone di Palagonia” (di oltre 800 pagine), al cinquantaduenne augustano Giuseppe Saglimbeni, da oltre vent’anni residente a Pordenone, in Friùli, alcuni giorni fa, è stato assegnato il premio letterario “Il borgo sospeso” nell’aula consiliare del Comune dello storico borgo di Vitorchiano, in provincia di Viterbo. Il romanzo di Saglimbeni è risultato il vincitore della sezione romanzi storici. Le altre sezioni erano: opere inedite, narrativa edita, poesia, sceneggiature. Protagonista del libro di Saglimbeni è un bambino precocemente strappato ai banchi di scuola per lavorare nel feudo dei baroni di Palagonia, dove sarà il valletto e l’amico del cuore del baronetto, di cui erediterà il titolo, dopo un ‘intrigante serie di vicissitudini, raccontate attraverso una lingua di tipo camilleriano.
– Da dove è scaturita l’idea di questo romanzo?
“Avevo 18 anni, stavo preparando l’esame di maturità. Studiavo storia. Un caldo pomeriggio dei primi di luglio del 1990. La stanza più fresca era la camera da letto dei miei. Studiavo là. In TV passano la notizia di un morto ammazzato a Villasmundo. E inizia un viaggio nella fantasia, che mi farà perdere lo studio del resto della giornata e che mi terrà impegnato nei mesi successivi. Di quella storia che nella mia mente avevo vissuto farò il canovaccio di un romanzo di cui scriverò solo il primo capitolo. Il protagonista si trova a tu per tu con Cesare Mori, il preferito ferro. Ho scritto altro, tanto altro. Poi la vita mi ha portato altrove. Il sogno di scrivere, di diventare scrittore è rimasto dentro di me, non mi ha mai abbandonato”.
-Com’è stato possibile conciliare gli impegni di lavoro e di famiglia con la stesura di un lavoro siffatto?
“ Vivo in Friuli da 23 anni. Intorno ai 48 anni arriva forte improvvisamente il bisogno di trovare me stesso, il bisogno di sentirmi ancorato a qualcosa che pian piano ho definito come le mie radici. di definirmi nella mia più profonda essenza di siciliano, augustano in particolare. Il 19 marzo del 2020 l’azienda in cui lavoro ci annunciava che dal giorno dopo chiudevamo causa COVID e noi dipendenti andavamo in cassa integrazione. Con che stato d’animo la sera a casa ho festeggiato san Giuseppe e la festa del papà! Finita la cena, sbatto i pugni sul tavolo e proclamo alla mia famiglia: ‘Da domani inizio a scrivere!’. Così è stato. Più di due anni ho impiegato per scrivere il libro: dal 20 marzo del 2020 al 5 giugno del 2022. Per scrivere sono stato un ladro di tempo. Ho rubato tempo a me stesso e al mio riposo, alle cose da fare a casa, ho rubato tempo alla mia famiglia, agli amici, alla socializzazione. Sogno e radici sono le due parole che racchiudono il mio libro. Sogno perché scriverlo è stato realizzato, radici per scrivere è stato un modo per trovare me stesso nella mia identità di siciliano con tutta la scoccia. “
– Sono state consultati libri di storia? quali?
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“Per scrivere il barone di Palagonia ho attinto a piene mani alla storia che avevo iniziato a pensare 30 anni prima, servendomi dei ricordi che negli anni ho alimentato con nuovi elementi, frutto di nuove conoscenze e delle esperienze di vita. Ci sono stato 45 giorni per scrivere il canovaccio con la suddivisione della storia in 3 parti e ogni parte in capitoli. Poi è stato un lasciare correre la penna. Ho riempito 28 quaderni, che, poi, certosinamente, ho trascritto al pc. Il romanzo è un opera di assoluta fantasia , a eccezione della storia del mio bisnonno Mauro morto nella grande guerra. È stato il mio modo gagliardo di trovare e vivere le mie radici. In fase di scrittura ho letto molti libri e manuali sulla Prima guerra mondiale. Altre ricerche mi sono servite unicamente a trovare pezze d’appoggio alla veridicità della storia. Esempio: c’è una scena, siamo nel 1919, in cui una cameriera dei baroni rimane affascinata dalla luce elettrica e inizia a giocare con la levetta attaccata al muro. Era possibile? Sì, mi sono documentato e la cosa era plausibile in quanto in quella parte di Sicilia i ricchi già avevano in casa l’elettricità. Sono stato fedelissimo a inquadrare il protagonista nelle vicende della brigata Etna (quella del mio bisnonno), per cui vicende e battaglie corrispondono alla realtà. Al riguardo mi sono preso una licenza per motivi di scrittura che è stata quella di posticipare di alcuni giorni la dichiarazione di scioglimento della brigata. Dubito che qualcuno possa farmi questa obiezione. Così come mi sono preso la licenza di inventarmi una processione, nella piazza Duomo di Augusta, il giorno di Pasqua. Le vicende narrate sono quelle dell’anno 1938. In realtà esisteva qualcosa di simile, che, però, fu interrotto nel 1927. Quella vicenda era importante per la storia e la licenza me la sono ben presa.”
– Altri progetti, oltre a quello di prendere premi?
“Ho altri due libri in cantiere, uno dei quali pronto a essere terminato.”