Quella sana ambizione che i nostri figli hanno perso
L’editoriale del giovedì
di Rosi Giangreco
Sempre più spesso i giovani annaspano tra mille difficoltà, fantasmi che esistono solo nella loro mente. Qualsiasi iniziativa propongano è avallata al 101% dei casi da genitori che temono di proferire il ‘no traumatizzante’, trovano subito uno scoglio insuperabile e cambiano idea repentinamente, sebbene l’idea sia stata loro. Dai continui cambi di indirizzo delle scuole superiori alla scelta della disciplina sportiva più alla moda, fino ai diversi tentativi di identificare percorso universitario più idoneo alle inclinazioni. La sensazione è quella che questi figli abbiano serie difficoltà a ricavarsi un posto nel mondo e la paura di agire prende il sopravvento sulla sana ambizione a realizzare i propri progetti. A nulla vale mandarli a studiare a centinaia di chilometri di distanza da casa, perché, spesso, alla fine del triennio – in pochi concludono il biennio specialistico – , rientrano nei paesi d’origine che non offrono grandi opportunità di carriera. Hanno perso l’intraprendenza, quella molla che negli anni Sessanta e Settanta ha fatto crescere l’Italia, e, che, fino alla fine degli anni Novanta, ha permesso di consolidare professioni e attività che oggi non conoscono la crisi. È un paradosso, ma quando era più difficile riuscire, si riusciva con più facilità. Cosa è accaduto? Perché i giovani lasciano scuola e università? Perché non concretizzano? Quali sono i problemi di fondo? Ancora una volta l’Italia, nella classifica europea, è bollino nero sugli abbandoni d’ateneo. Dagli ultimi dati statistici, è seconda nella classifica dei peggiori risultati universitari. Solo nel 2017 si sarebbero registrate 523.900 rinunce agli studi, per un tasso complessivo di laureati veramente basso: 26,5% di età compresa tra i 30 e i 34 anni. Riguardo l’istruzione secondaria superiore, i dati non sono più confortanti con circa 600.000 studenti all’anno che lasciano anticipatamente gli studi, un numero dieci volte superiore a quello dei cervelli in fuga dal Bel Paese. Inutile puntare il dito sull’istituzione scolastica nostrana – una delle migliori al mondo – in termini di contenuti disciplinari e competenze. La scuola italiana è inclusione, accoglienza, un grande contenitore in cui si annullano le diversità che diventano ricchezza e patrimonio umano. Facilitato l’ingresso alle università, grazie alle molteplici attività di orientamento organizzate in sinergia con atenei e altri enti di istruzione e formazione superiore. E dunque? La figura dei genitori spazzaneve, pronti sempre a giustificare e facilitare i figli, li ha resi meno sicuri e senza determinazione a raggiungere uno scopo. Non c’è più un tempo per emanciparsi dalla famiglia. Le figure genitoriali – quando presenti, in quello che resta della famiglia tradizionale – sono troppo difficili da imitare e qualche volta inarrivabili, per spessore etico e professionale. Non c’è più spazio per l’intrapresa individuale. Le lacune affettive sono colmate da abiti griffati, citycar coupé o cabriolet di design, carte prepagate, viaggi all inclusive, estesi anche all’amica o all’amico particolare, nelle località cool come da manuale del perfetto influencer. Tutto si traduce in una vita filtrata attraverso storie su Instagram, esperienze filmate prima ancora di essere vissute, cene silenziose in compagnia di telefoni rumorosi. Qualche volta i più fragili che avvertono la loro triste condizione di incompiuti osano gesti inconsulti per farsi sentire mentre i più indifferenti – plasmati come società vuole – attraversano la propria esistenza abbandonandosi a ogni sorta di vizio oppure traslocando di casa in casa, di città in città, di facoltà in facoltà. Sono i nuovi inetti a vivere che si portano dentro un patrimonio – spesso anche genetico – di fallimenti e insoddisfazione, celato da un’apparire che più ostenta benessere meno è credibile. E i genitori? Sempre in prima linea, alla ricerca di appartamenti, disponibili a pagare tasse su tasse, biglietti aerei. È il cane che si morde la coda. L’ambizione, quel desiderio egocentrico di affermarsi e distinguersi, di eccellere e migliorare la propria posizione, ridotta a effimero desiderio di egocentrismo che nasconde un atavico bisogno d’amore e di regole, quelle che servono per diventare adulti responsabili, genitori consapevoli e figli amorevoli.